Ben Affleck come attore è
inespressivo come pochi (lo batte solo Nicolas Cage) ma come regista… tanto di
cappello!!! Dopo Gone baby gone e The Town torna dietro la macchina da presa
per dirigere ARGO. Tratta da una storia vera, la pellicola è ben diretta e ancor
meglio sceneggiata (da oscar i dialoghi tra Alan Arkin e
John Goodman). La ricostruzione storica è accurata senza essere mai
didascalica e la tensione è palpabile per tutto il film. Voto 7/8. Avevo
proprio bisogno di un bel film!!! Un Nonno soddisfatto!!!
Solo per cinemaniaci (tratto da Ciack di
Novembre 2012):
Arriva nelle sale il film di Ben Affleck, in pole position por l’Oscar. Ciak
ha rintracciato Barry Ira Geller, l'uomo
che negli anni Settanta provò davvero a girare la pelliuula di fantascienza utilizzata
per salvare gli americani tenuti in ostaggio dal regime iraniano
Quando nel 1979 la CIA dovette trovare un finto film
per coprire la complicata missione di salvataggio di sei funzionari dell’ambasciata
americana di Teheran riusciti a fuggire prima che i khomeinisti prendessero cinquantadue
persone in ostaggio, lo chiamò Argo. Dalla nave che portò Giasone e compagni
alla conquista del vello d’oro? Macché. Dal cane di Ulisse a Itaca, che dopo
vent’anni riconobbe il padrone e potè lasciarsi morire felice? Niente affatto. Dalla
città frammento di Krypton culla di Supergirl? No. Argo viene da una
popolare barzelletta che non ha bisogno di traduzione: «Knock, knock».
«Who is?». «Argo». «Argo, who?». «Ar, gofuck yourself!». UNA STORIA INCREDIBILE «Se uno sceneggiatore
avesse proposto una storia del genere, gliela avrebbero rifiutata come implausibile»,
spiega Ben Affleck che di Argo, in uscita in sala l’8 novembre, è regista
e anche interprete nei panni dell’agente della CIA Tony Mendez che prima aprì un
ufficio negli Studios della Columbia (appena lasciato vacante da Michael
Douglas, produttore di Sindrome cinese) promuovendo il finto film di
fantascienza con gran clamore e pubblicità su Variety e Hollywood
Reporter, poi riportò a casa i sei spacciandoli per la troupe canadese impegnata
nei sopraluoghi. Incredibile perfino in quella Mecca di finzione e patacche
che è Hollywood, no? Ma se la storia era già nota dal 1997, perché de-classificata
dalla CIA, invece l'epopea del film preso a prestito, per non dire rubato, è sconosciuta
e, se possibile, ancora più incredibile. Basti dire che coinvolge lo scrittore
Roger Zelazny, collaboratore di Philip K. Dick; il più famoso disegnatore di
fumetti di sempre, Jack Kirby, papà di X-Men, Thor e Hulk, un parco giochi
più grande e costoso di Disneyland; e Aurora, in Colorado, proprio dove è avvenuto
il massacro durante la proiezione di II cavaliere oscuro -il
ritorno. E adesso abbiamo catturato la vostra attenzione, lettrici e
lettori, come direbbero gli imbonitori di strada?
Ciak ha stanato il protagonista, Barry Ira Geller, 64 anni,
che si vedeva poeta e scrittore tardo beat alla Alan Ginsberg, e invece è diventato
mago dell’informatica. E non è stato facile, perché Geller vive in paranoia, e solo
dopo molte mail, ha accettato un appuntamento in un golf club in montagna, a cinquanta
chilometri da Hollywood, al sicuro da sguardi indiscreti. «Lord of Light di Roger
Zelazny è il mio romanzo preferito. Mescola fantascienza, mitologia
indiana e religione. A metà degli anni Settanta ne acquistai i diritti dall'editore
Doubleday, perchè la fantascienza era considerata un genere così minore che Zelazny
li aveva ceduti per pochi spiccioli. E ai film di fantascienza ci credeva solo
un tipo che tutti consideravano uno svitato: George Lucas», ricorda Geller davanti
a un caffè e a una fetta di cheesecake. Non aveva ancora trent’anni al tempo, ma
i suoi non erano sogni da timido: dopo il film, per cui pensava a Marion Brando
nel ruolo di Yama, Dio della morte, le scenografie sarebbero state trasformare nel
parco giochi Science Fictionland. Con consulenti di prestigio quali lo
scrittore Ray Bradbury, l’architetto Paolo Soleri (che da quasi 50 anni
costruisce nel deserto dell’Arizona la città utopica di Arcosanti) e
l’inventore Richard Buckminster Fuiler (quello che voleva mettere Manhattan sotto
una cupola geodetica protettiva). E per trovare i finanziamenti (50 milioni di
dollari per il film e 750 milioni per il parco giochi), aveva affidato la spiegazione
dei suoi sogni alla magica matita di Jack Kirby. La location, dopo tentativi
falliti in Nevada e in Quebec, sarebbe stata ad Aurora in Colorado, che avrebbe
messo a disposizione il terreno. Peccato che il suo socio commerciale fu
arrestato per truffa e appropriazione indebita. E su Lord of Light piombò
il buio. Fu in quel periodo che uno dei suoi consulenti, il truccatore John Chambers, collaboratore
della CIA, passò a Mendez i disegni di Kirby e la sceneggiatura di Geller.
Geller oggi si dice orgoglioso di aver contribuito,
sia pure a sua insaputa, a salvare la vita di sei americani, ma è seccato dei
dettagli: la CIA non gli hai mai detto nemmeno grazie; in Argo non compare
né il suo nome né quello del suo film, che oltretutto è definito una scopiazzatura
di Guerre stellari. «Non sono così malato da fare causa alla CIA, anche se
un avvocato famoso mi ha detto che ci sarebbero gli estremi. Quanto alla Warner
Bros, produttrice di Argo, mi ha cercato solo per usare i veri disegni di
Kirby. Ma li volevano gratis. Ho rifiutato, non volevo aggiungere al danno la beffa».
E lamenta che il suo sito dove c’é tutta la storia, dopo anni di quiete sia stato
di recente assalito dagli hacker. Ma nella migliore tradizione hollywoodiana,
ci potrebbe essere un lieto fine: il documentario Science Fiction Land in
cui il regista Judd Ehrlich ricostruisce i fatti, fermo da anni per mancanza di
fondi, ha suscitato nuovo interesse ed è partita una campagna di sottoscrizione
su Internet. Ma Geller, l’avrete ormai capito, non è tipo che si accontenta
facilmente: il sogno resta ancora realizzare Lord of Light, visto che, qualunque
cosa ne pensi la CIA, i diritti sono suoi a vita. E ha fatto un pensierino su
James Franco.