12 novembre 2012

Largo a ARGO!!!


Ben Affleck come attore è inespressivo come pochi (lo batte solo Nicolas Cage) ma come regista… tanto di cappello!!! Dopo Gone baby gone e The Town torna dietro la macchina da presa per dirigere ARGO. Tratta da una storia vera, la pellicola è ben diretta e ancor meglio sceneggiata (da oscar i dialoghi tra  Alan Arkin e  John Goodman). La ricostruzione storica è accurata senza essere mai didascalica e la tensione è palpabile per tutto il film. Voto 7/8. Avevo proprio bisogno di un bel film!!! Un Nonno soddisfatto!!!


Solo per cinemaniaci (tratto da Ciack di Novembre 2012):
Arriva nelle sale il film di Ben Affleck, in pole position por l’Oscar. Ciak ha rintracciato Barry Ira Geller, l'uomo che negli anni Settanta provò davvero a girare la pelliuula di fantascienza utilizzata per salvare gli americani tenuti in ostaggio dal regime iraniano
Quando nel 1979 la CIA dovette trovare un finto film per coprire la complicata mis­sione di salvataggio di sei funzionari dell’ambasciata americana di Teheran riusciti a fuggire prima che i khomeinisti prendessero cinquantadue persone in ostaggio, lo chiamò Argo. Dalla nave che portò Giasone e compagni alla conquista del vello d’oro? Macché. Dal cane di Ulisse a Itaca, che dopo vent’anni riconobbe il padrone e potè lasciarsi morire felice? Niente affatto. Dalla città frammento di Krypton culla di Supergirl? No. Argo viene da una popolare barzelletta che non ha bisogno di tradu­zione: «Knock, knock». «Who is?». «Argo». «Argo, who?». «Ar, gofuck yourself!». UNA STORIA INCREDIBILE «Se uno sceneggiatore avesse proposto una storia del genere, gliela avrebbero rifiutata come implausibile», spiega Ben Affleck che di Argo, in uscita in sala l’8 novembre, è regista e anche interprete nei panni dell’a­gente della CIA Tony Mendez che prima aprì un ufficio negli Studios della Colum­bia (appena lasciato vacante da Michael Douglas, produttore di Sindrome cinese) promuovendo il finto film di fantascienza con gran clamore e pubblicità su Variety e Hollywood Reporter, poi riportò a casa i sei spacciandoli per la troupe canadese impegnata nei sopraluoghi. Incredibi­le perfino in quella Mecca di finzione e patacche che è Hollywood, no? Ma se la storia era già nota dal 1997, perché de-classificata dalla CIA, invece l'epopea del film preso a prestito, per non dire rubato, è sconosciuta e, se possibile, ancora più incredibile. Basti dire che coinvolge lo scrittore Roger Zelazny, collaboratore di Philip K. Dick; il più famoso disegnatore di fumetti di sempre, Jack Kirby, papà di X-Men, Thor e Hulk, un parco giochi più grande e costoso di Disneyland; e Aurora, in Colorado, proprio dove è avvenuto il massacro durante la proiezione di II cava­liere oscuro -il ritorno. E adesso abbiamo catturato la vostra attenzione, lettrici e lettori, come direbbero gli imbonitori di strada?
Ciak ha stanato il protagonista, Barry Ira Geller, 64 anni, che si vedeva poeta e scrittore tardo beat alla Alan Ginsberg, e invece è diventato mago dell’informatica. E non è stato facile, perché Geller vive in paranoia, e solo dopo molte mail, ha accettato un appuntamento in un golf club in montagna, a cinquanta chilometri da Hollywood, al sicuro da sguardi indiscreti. «Lord of Light di Roger Zelazny è il mio romanzo preferito. Mescola fantascienza, mitologia indiana e religione. A metà degli anni Settanta ne acquistai i diritti dall'editore Doubleday, perchè la fantascienza era considerata un genere così minore che Zelazny li aveva ceduti per pochi spiccioli. E ai film di fantascienza ci credeva solo un tipo che tutti consideravano uno svitato: George Lucas», ricorda Geller davanti a un caffè e a una fetta di cheesecake. Non aveva ancora trent’anni al tempo, ma i suoi non erano sogni da timido: dopo il film, per cui pensava a Marion Brando nel ruolo di Yama, Dio della morte, le scenografie sarebbero state trasformare nel parco gio­chi Science Fictionland. Con consulenti di prestigio quali lo scrittore Ray Bradbury, l’architetto Paolo Soleri (che da quasi 50 anni costruisce nel deserto dell’Arizona la città utopica di Arcosanti) e l’inventore Richard Buckminster Fuiler (quello che voleva mettere Manhattan sotto una cu­pola geodetica protettiva). E per trovare i finanziamenti (50 milioni di dollari per il film e 750 milioni per il parco giochi), aveva affidato la spiegazione dei suoi sogni alla magica matita di Jack Kirby. La location, dopo tentativi falliti in Nevada e in Que­bec, sarebbe stata ad Auro­ra in Colorado, che avrebbe messo a disposizione il ter­reno. Peccato che il suo socio commerciale fu arrestato per truffa e appropriazione inde­bita. E su Lord of Light piombò il buio. Fu in quel periodo che uno dei suoi  consulenti, il truccatore John Chambers, collaboratore della CIA, passò a Mendez i disegni di Kirby e la sceneggiatura di Geller.
Geller oggi si dice orgoglioso di aver con­tribuito, sia pure a sua insaputa, a salvare la vita di sei americani, ma è seccato dei dettagli: la CIA non gli hai mai detto nem­meno grazie; in Argo non compare né il suo nome né quello del suo film, che oltretutto è definito una scopiazzatura di Guerre stellari. «Non sono così malato da fare causa alla CIA, anche se un avvocato famoso mi ha detto che ci sarebbero gli estremi. Quanto alla Warner Bros, produttrice di Argo, mi ha cercato solo per usare i veri disegni di Kirby. Ma li volevano gratis. Ho rifiutato, non volevo aggiungere al danno la beffa». E lamenta che il suo sito dove c’é tutta la storia, dopo anni di quiete sia stato di recente assalito dagli hacker. Ma nella migliore tradizione hollywoodiana, ci potrebbe essere un lieto fine: il documentario Science Fiction Land in cui il regista Judd Ehrlich ricostruisce i fatti, fermo da anni per mancanza di fondi, ha suscitato nuovo interesse ed è partita una campagna di sottoscrizione su Internet. Ma Geller, l’avrete ormai capito, non è tipo che si accontenta facilmente: il sogno resta ancora realizzare Lord of Light, visto che, qualunque cosa ne pensi la CIA, i diritti sono suoi a vita. E ha fatto un pensierino su James Franco.

04 novembre 2012

Uno 007 d’autore



Ero curiosissimo di vedere Skyfall, il 23° capitolo della saga Bondiana, perché il regista è il talentuoso inglese Sam Mendes che mi aveva folgorato nel 2000 con American Beauty. Il suo contributo si vede tutto: finalmente James Bond ha un po’ di spessore e la storia non è solo sparatorie, inseguimenti e gadgets. È riuscito anche a far recitare Daniel Craig!!! Mendes e la triade di sceneggiatori Neal Purvis, Robert Wade e John Logan si sono divertiti a disseminare citazioni per tutto il film, quasi a voler rendere omaggio al mito di 007 e allo stesso tempo l’hanno reso più umano e vulnerabile. L’operazione iniziata con Casino Royale può dirsi conclusa, il nuovo Agente con licenza di uccidere è pronto per nuove sfavillanti avventure. La speranza è che, anche per i prossimi capitoli già annunciati, mettano al timone un regista come Mendes che sappia coniugare azione e contenuti. Voto 7+.