25 dicembre 2008

21 dicembre 2008

Madagascar 2

La Dreamworks Animation ha prodotto dei capolavori, primo fra tutti Shrek. Ha prodotto dei Cartoni in 3D divertenti e pieni di significato come Kung fu Panda. Con Madagascar 2 ha fatto la furbetta, il film ha il fiato corto, tutto è già visto a cominciare dall’inizio: identico a Il re Leone. Se non ci fossero i siparietti dei pinguini e Re Julien lo sbadiglio sarebbe d’obbligo. La cosa triste è che si sono lasciati un portone spalancato per Madagascar 3, Spielberg e soci sono dei draghi a spremere un soggetto fino all’ultima goccia. Non so voi, io continuo a preferire i film della pixar, l’unico sequel che hanno fatto è stato Toy Story 2 ed era migliore del primo. Pixar 1 – Dreamworks 0. Voto: 6 politico per l’animazione veramente bella.

16 dicembre 2008

Esperimento!!!

Ho visto Come Dio comanda di Salvatores con Michela, la mia dolce consorte, questa volta la recensione l'ha scritta lei, io non potrei certo fare meglio, è lei la scrittrice di famiglia, io sono il buffone!!!

Certo che a parlare di questo film e soprattutto degli spunti che propone ci si potrebbero passare le ore..
A partire dai protagonisti: la pioggia (quella sì che dio la manda!), la devastazione del territorio (una vera propria ferita nella maestosità delle montagne, fatta di ciminiere, case sparse, cave di pietra e superstrade) una colonna sonora “sentimentale” e per questo stridente con il resto. Ed infine gli attori. Una scelta, questa, scontata per certi versi (vedi Elio Germano) e coraggiosa per altri (Filippo Timi, credo l’unico attore affetto da balbuzie della storia del cinema).
Tra questi punti si snoda la storia, dominata dal difficile ed esclusivo rapporto tra un padre padrone ed un figlio adolescente, problematico e dolcissimo, legato alla figura paterna da tenerezza, rabbia, paura dell’allontanamento ed uno strano senso di soggezione che non gli permette di vivere serenamente il rapporto con i coetanei, che se maschi lo evitano e se femmine lo prendono in giro.
Sicuramente personaggi non integrati: un padre precario, disoccupato a fasi alterne, alcolizzato e sconfitto dalla vita, impegnato in una guerra fra disperati (slavi e negri) che invece di piegarsi reagisce come può, isolandosi da un contesto che lo rifiuta e creandosi una sorta di filosofia pazzoide, pseudo nazista, indispensabile, tuttavia, per riconoscersi in una propria identità, giusta o sbagliata che sia. Fin troppo facile per le istituzioni etichettare e giudicare, agitando la minaccia dell’allontanamento del figlio - unica vera possibilità di amore - senza però preoccuparsi di offrigli una via d’uscita ad un’esistenza cui ogni forma di normalità sembra essere preclusa.
Rino, personaggio a suo modo forte, serve da fulcro nel creare con il figlio questo microcosmo, che si autoalimenta di un amore vero ma profondamente malato e distorto. In questo profondissimo rapporto lupo-cucciolo (io solo posso tormentarti, il mondo non ti deve toccare), trova spazio anche un altro emarginato, Quattro Formaggi, reso invalido psichicamente da un incidente sul lavoro. Sarà proprio la follia di quest’ultimo, abbandonato a sé stesso da istituzioni e datore di lavoro, a scatenare una serie di eventi che travolgeranno la vita dei protagonisti, per culminare in una “notte e buia e tempestosa” in cui Rino, macho d’altri tempi, che sulle sue regole e sulla sua rabbia basa tutto il suo essere, non riesce ad applicare la legge del taglione sull’amico, reo di essersi macchiato del più orribile dei peccati, punibile solo con la morte. Ma proprio non ce la fa. Ed è in questo momento, con il crollo delle sue convinzioni e la perdita dell’amico, in un momento di tragica emozione, che Rino vede crollare anche sé stesso, come un colosso d’argilla con fondamenta di sabbia. E cade a terra schiantato da un ictus.
A tutto questo fa da cornice naturale la mancanza di un passato dei protagonisti: dov’è la madre del ragazzo? Morta, fuggita? Chi era 4Formaggi prima? Questa apparente totale mancanza di altri legami familiari non fa altro che sottolineare questo sradicamento da tradizioni e storia, analogamente a quanto è successo nel territorio con la costruzione di questi mostri di cemento. Un mondo quindi, che proprio perché privo di fondamenta, si rivela incapace di affrontare i problemi del quotidiano. E che riversa su Dio le proprie frustrazioni: l’impossibilità di avere una vita ideale viene imputata a qualcun altro (Dio, perché mi fai questo?), fino alla follia di credersi “strumento” nelle mani di Dio: come Dio comanda, appunto.

Chi sono veramente i buoni? Sembra chiedersi Salvatores. E la risposta sembra non essere né bianca né nera: sicuramente non il prete che predica con parole vuote al funerale, non l’assistente sociale che vuole sottrarre a Rino l’unica cosa che gli rimane, l’amore del figlio, sicuramente non l’insegnante, né tutti gli adulti che girano la testa dall’altra parte di fronte alla difficoltà di vivere di Cristiano, adolescente “normale”, con un padre che normale non è. E non è buono neanche 4Formaggi, parzialmente assolto forse dall’ingenuità della sua follia, ma che è comunque disposto a sacrificare Rino, unico al mondo ad avergli offerto protezione ed aiuto.

Non sappiamo chi sono i buoni, ma sicuramente sappiamo chi non sono i cattivi: in questo mondo di ipocrisia perbenista, la nostra simpatia e comprensione vanno a coloro che vivono con orgogliosa spavalderia nonostante tutto, che trovano la forza di reagire alla prepotenza del prossimo e all’intromissione dei servizi sociali, in una continua altalena tra la voglia di essere accettati e baratri di insicurezze. Ecco allora che questa sorta di follia basata sul “soli contro tutto e tutti” sembra davvero l’unica via d’uscita in un mondo in cui la tragedia privata troppo spesso si trasforma in cronaca, fungendo da sinistro legame tra la vita reale ed una vita televisiva falsamente perfetta fatta di fiction e pseudo reality.

Forse allora non esistono davvero né i buoni né i cattivi, né il bianco né il nero, ma solo una sfumatura di grigio. Come il paesaggio. Voto 9

14 dicembre 2008

Klaatu è tornato!!!

Prima di iniziare un saluto a tutti i Braghiferi che erano con me venerdì sera: Ciucinsky, Dadino, Giorgina, Farfy, Pito e Alice.
La trama in due parole è che ci vogliono gli alieni per farci capire che è ora di cambiare le cose.
Remake del cult del '51 Ultimatum alla terra non è una pellicola memorabile ma sicuramente ha due pregi: la struttura da film di fantascienza anni '50 e gli effetti speciali non invasivi. L'attualizzazione è buona ma il film non emoziona e il messaggio è troppo abbozzato per arrivare in profondità. Voto 6/7

07 dicembre 2008

Potrei...

Potrei parlarvi del film Max Payne ma anche no! Potrei parlarvi invece del videogioco da cui è tratto, dirvi che quando uscì nel 2001 lo adorai a tal punto da giocarlo 2 volte (mai più successo con un altro gioco).

Forse potete aiutarmi a capire: perché a Hollywood si ostinano a portare sul grande schermo film tratti da videogames? Non ce n’è uno di decente, sono tutti M…de pazzesche eppure…. continuano a farlo!!!

Quello che mi fa in…zzare ancora di più è che, porcherie come questa, impediscono a film come The Millionaire di uscire nelle sale perché occupano tutti gli schermi disponibili.

Accettate un consiglio, ho già sprecato io 2 ore della mia vita per vedere questa immondezza, voi fatene a meno.

Un Nonno socialmente utile!!!